1) LA MISURAZIONE.
I numeri che risultano dal processo di misurazione
si trovano su una scala dotata di alcune proprietà
e non di altre, e l’individuazione delle
proprietà di quest’ultima è
fondamentale per sapere quali elaborazioni
sia lecito effettuare sulle misure stesse.
2) IL CAMPIONAMENTO.
Negli ultimi anni, diversi studiosi hanno
criticato radicalmente l’uso degli studi
di gruppo per verificare ipotesi più
fini sulla struttura del sistema cognitivo.
essi sostengono che l’eterogeneità
dei deficit presenti nei diversi soggetti
che costituiscono il gruppo, impedisce di
concepire qualsiasi “componente sistematica”
comune, che renda informativa una media di
gruppo e ritengono che solo lo studio dei
casi singoli o di gruppi di casi singoli,
può essere informativo. Esistono tuttavia
ambiti sperimentali in cui gli studi di gruppo
sono tuttora insostituibili e tra di essi
troviamo, ad esempio, la costruzione di strumenti
diagnostici e le valutazioni cliniche controllate
sull’efficacia dei trattamenti farmacologici.
Aspetti qualitativi della composizione del
campione:
- i soggetti dei vari gruppi sperimentali
sono spesso diversi per alcune variabili (età,
scolarità, durata e gravità
della malattia), fattori che possono essere
correlati al rendimento. Ciò richiede
l’adozione di campioni molto consistenti
(superiore a 100 soggetti).
- L’estrazione del campione comporta
la necessità di stabilire non solo
quanti, ma anche quali soggetti includere.
Occorre rendere omogenea la fonte da cui vengono
reclutati i pazienti (reparto, ambulatorio).
Negli studi evolutivi potrebbe essere necessario
studiare solo soggetti sufficientemente gravi
(per gli studi sul miglioramento), o lievi
(per gli studi sull’aggravamento di una
patologia evolutiva). Occorre dunque appaiare,
nei vari trattamenti, soggetti di gravità
corrispondente.
3) TEST NEUROPSICOLOGICI E ATTIVITA’
DIAGNOSTICA.
Una delle funzioni dei test neuropsicologoci
è quella di stabilire se un soggetto
sia o meno normale; la normalità è
un giudizio relativo ad una popolazione di
riferimento.
Sarà necessario, dunque, considerare
l’influenza di età e scolarità
(un soggetto anziano e poco scolarizzato potrà
fornire, in alcune prove, prestazioni normali
per il suo gruppo, ma insufficienti).
4) LA VALUTAZIONE SPERIMENTALE DEI TRATTAMENTI.
I neuropsicologi sono interessati a trattamenti
di tipo sia farmacologico (es. la terapia
della malattia di Alzheimer), che comportamentale.
- Studi farmacologici.
La valutazione del trattamento (o “trial
clinico controllato”) deve essere preceduta
dal consenso informato del paziente o dei
suoi parenti. In generale, essa deve essere
eseguita in modo che il paziente, chi somministra
il trattamento e chi quantifica le prestazioni
non sappiano se il paziente ha ricevuto il
trattamento in esame o un trattamento inerte
(placebo). E’ importante ricordare che
anche l’attesa del medico sul risultato
del trattamento ha un effetto spesso significativo
sul paziente.
Gli studi di gruppo implicano un’omogeneità
di trattamento in ogni gruppo. Essi possono
essere eseguiti in parallelo (ogni gruppo
ha un solo trattamento) o secondo un disegno
cross-over, in cui gli stessi soggetti ricevono
trattamenti diversi in tempi successivi (prima
il farmaco e poi il placebo, o viceversa),
ed ogni soggetto funge da controllo di se
stesso. E’ bene che gli strumenti di
valutazione abbiano dati normativi, buoni
valori di attendibilità e siano stati
usati in uno studio della storia naturale
della malattia: quest’ultima condizione
potrà permettere di valutare qual è
la velocità media con cui decade il
punteggio nel tempo, e quindi tradurre un’eventuale
differenza tra soggetti trattati e non trattati
in termini di tempo di cui è stata
ritardata la progressione naturale. E’
infatti importante che la decisione sull’efficacia
di un trattamento tenga conto anche delle
dimensioni reali dell’effetto, e non
solo della significatività statistica.
- Trattamenti comportamentali.
a) Approccio sui casi singoli:
ogni soggetto funge da controllo di se stesso.
Possono venire isolate delle basi di partenza
multiple (multiple baseline), ad es. due gruppi
diversi di parole che vengono rieducate in
tempi successivi, servendo l’una da controllo
dell’altra. Se non vi è effetto
di trascinamento da parte del materiale trattato
su quello non trattato, prima migliorerà
il materiale trattato, equello non trattato
valuterà l’effetto placebo. Alla
sospensione del primo trattamento, si può
osservare se e quanto questo è reversibile,
prima di iniziare, dopo un certo periodo,
a trattare il materiale che prima fungeva
da controllo. Il disegno può essere
ulteriormente complicato adottando strategie
di trattamento diverse nelle varie fasi dell’esperimento.
Questo approccio esige che sia possibile rieducare
usando solo una parte del materiale linguistico,
in modo da attendersi una risposta selettiva.
L’approccio sarà senz’altro
più informativo se si considereranno
pazienti stabilizzati, in cui tutte le variazioni,
possono quindi venire imputate al trattamento
e non all’evoluzione naturale del paziente.
Le difficoltà di questo approccio sono
legate alla possibile selezione della casistica,
che rende più difficile esaminare i
pazienti acuti e in evoluzione, e spesso alle
difficoltà statistiche nel confrontare
l’evoluzione di punteggi in scale diverse.
Se è necessario che il paziente sia
stabilizzato e omogeneamente grave in tutte
le basi di partenza, la selezione della casistica
diventa ancora più rilevante. Per effettuare
il confronto tra punteggi di prove diverse,
occorre standardizzare le misure, per rendere
le scale confrontabili e tenere conto della
difficoltà media dei test e della dispersione
dei punteggi. Ricorrendo alla standardizzazione
più comune (trasformazione in scarti
dalla media in unità di deviazione
standard) o altre analoghe, i punteggi standardizzati
talvolta non possono materialmente essere
superiori o inferiori ad un certo valore (es.
test da 0 a 20 con media 7 e d.s. 4, non sarà
possibile per alcuni soggetti avere un punteggio
standardizzato inferiore a 0-7/4, cioè
-1,75, mentre in un altro test con media 13
e d.s. 4, i soggetti peggiori potranno ottenere
un punteggio standardizzato di -13/4, cioè
-3,25. Sarebbe ovviamente scorretto concludere
che un punteggio standardizzato di -1,25 nel
primo test sia migliore di uno di -3,25 nel
secondo; un ragionamento analogo vale per
i punteggi che si trovino nella regione alta
della scala).
Per evitare queste difficoltà si possono
usare tests in cui gli estremi ottenibili
in termini di punteggio standardizzato abbiano
distanze simili dalle rispettive medie. Un’altra
possibilità è quella di esprimere
i punteggi di ogni test in centili e di confrontare
questi ultimi, oppure di adottare punti z
normalizzati, cioè di trasformare i
centili originari nei valori di deviata Normale
Standard corrispondenti ai diversi centili
della distribuzione Normale Standard. Standardizzare
una misura significa riferire la misura stessa
ad una scala standard con media e varianza
note. La scala “standard” o “z”
ha media 0 e varianza 1. Tale scala si ottiene
trasformando una qualsiasi serie di punteggi
xi in una serie di punteggi zi con la formula:
zi = xi - x / s dove xi è il punteggio
ottenuto dal soggetto; x è la media
del punteggio, la media del gruppo, s è
la deviazione standard. Il soggetto si trova
al di sotto della media se il punto standardizzato
è negativo, e ci indica di quanto è
al di sotto della media. La standardizzazione
è dunque necessaria quando vogliamo
avere un’idea della posizione che un
soggetto occupa nell’ambito di un gruppo,
ma è anche necessaria quando vogliamo
confrontare due prestazioni dello stesso soggetto.
b)Approccio di gruppo.
Va sottolineata la diversa portata inferenziale
dell’approccio di gruppo e del caso singolo.
Nel primo caso l’inferenza di un risultato
positivo è generale, cioè estesa
a tutti i pazienti di quel tipo trattati in
quel modo, mentre nel caso singolo si inferisce
che quel paziente e solo lui, ha un miglioramento
significativamente diverso dal caso.
Il vantaggio conoscitivo dell’approccio
di gruppo sembra ovvio, ma il problema sorge
quando il risultato è negativo. Ciò
potrebbe dipendere proprio dalla fusione di
pazienti troppo eterogenei e dallo scarso
interesse di una domanda forse troppo generica
quale “serve rieducare gli afasici?”
(ad esempio). Uno strumento utile per affrontare
quesiti di questo tipo è la meta-analisi
che permette di accorpare i risultati di esperimenti
diversi, tenendo conto dei risultati positivi
e negativi della letteratura.
Una delle più rilevanti debolezze dell’approccio
sperimentale sui gruppi è il rifiuto
di prendere seriamente in considerazione le
differenze individuali.
5) ELABORAZIONE DEI DATI.
I metodi statistici standard sono: l’analisi
della varianza (ANOVA, MANOVA), la covarianza
e correlazione, la regressione, l’analisi
delle tabelle di contingenza, i metodi non
parametrici elementari, l’analisi fattoriale.
Per confrontare due gruppi si può usare
il t di Student, o metodi non parametrici
come il test di Wilcoxon.
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