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Il metodo neuropsicologico

La neuropsicologia utilizza sia il metodo clinico che sperimentale.

1) L’ OSSERVAZIONE CLINICA.
Il metodo clinico, basato sull’osservazione informale e non sistematica, tende a selezionare pazienti il cui disturbo neuropsicologico è immediatamente evidente.
Le osservazioni così raccolte, sono una successione di casi singoli, che hanno colpito l’esaminatore per la gravità o per qualche aspetto particolare dei loro deficit.
Il metodo clinico tradizionale ha avuto un ruolo fondamentale nella nascita della neuropsicologia moderna. La scoperta che lesioni cerebrali possono causare disordini mentali selettivi, è nata da osservazioni cliniche.
Le osservazioni cliniche non tengono di solito in considerazione variabili importanti come l’età, il livello socio-culturale ed il sesso, che possono influenzare il comportamento del paziente.

2) LE RICERCHE SPERIMENTALI.
Il metodo sperimentale viene utilizzato per effettuare ricerche che si basano sullo studio di gruppi di pazienti con prove quantitative e standardizzate.
Nel secondo dopoguerra (fine anni ‘50), numerosi neuropsicologi hanno avvertito questa necessità, propugnando l’impiego di paradigmi quantitativi e standardizzati.
Le caratteristiche fondamentali di questo approccio possono essere sintetizzate in 3 punti principali:

a) - la ricerca neuropsicologica ha luogo in gruppi di pazienti.
L’approccio anatomico tradizionale basa la conclusione che la lesione di una regione cerebrale specifica causa un’alterazione di una funzione, producendo un certo sintomo sull’osservazione di casi singoli “positivi” (pazienti in cui una regione cerebrale specifica è lesa e il sintomo è presente).
Con questo modo di procedere, tuttavia, non vengono presi in esame i possibili casi “negativi” (pazienti il cui sintomo è presente, ma la regione cerebrale specifica non è lesa o pazienti in cui viceversa il sintomo è assente, anche se la regione cerebrale specifica è danneggiata).
La ricerca scientifica può quindi aver luogo solo su gruppi di pazienti selezionati non sulla base della presenza del sintomo ma semplicemente di una lesione cerebrale.
Quanto più il campione di pazienti esaminato è esteso, tanto più è rappresentativo della popolazione.
Lo studio va quindi condotto su casistiche ampie, tenendo in considerazione parametri demografici (età, livello di scolarità, sesso) e neurologici (durata ed eziologia della malattia).

b) - L’esame neuropsicologico è standardizzato.
Somministrando test neuropsicologici è possibile, successivamente, attribuire punteggi quantitativi (numerici) alla prestazione del paziente.

c) - La prestazione dei cerebrolesi va confrontata con quella di un gruppo di soggetti normali, mediante procedure statistiche adeguate.
L’osservazione clinica tende ad attribuire agli errori compiuti dal paziente un valore patologico sicuro, e difetti più sottili possono sfuggire all’esame clinico.
Occorre tener presente che quasi in ogni compito anche i soggetti normali commettono degli errori, la cui quantità, e talora qualità, può essere influenzata da numerosi fattori come l’età, il livello socio-culturale ed il sesso.
La prestazione dei pazienti va quindi confrontata, mediante procedure statistiche appropriate, con quella di un numero adeguato di soggetti normali (gruppo di controllo), comparabili per i parametri sopra
menzionati.

I dati psicometrici possono essere raccolti a fine:

- Prognostico (o predittivo).
Il valore osservato serve per prevedere altre variabili (es. la capacità di svolgere alcuni compiti o mansioni professionali).

- Di ricerca.
Ad esempio per la valutazione dell’efficacia dei trattamenti (studi di gruppi, o sul caso singolo. La meta analisi permette di accorpare i risultati di esperimenti diversi e di superare il limite posto dalla scarsa potenza dei singoli esperimenti e tenere conto del complesso dei risultati positivi e negativi della letteratura).

Altri metodi utilizzati sono:

- Stimolazione diretta di strutture nervose (Pefield, neurochirurgo pioniere pe lo studio di epilessie focali. Prima dell’intervento si prova a stimolare elettricamente alcune aree; alcune aree dette silenti, non producono effetti).

- Lesioni: possono essere naturali (dovute a patologie che provocano un danno circoscritto o focale in seguito ad emoraggie, trombosi, ictus, ischemie, neoplasie, infiammazioni, lesioni vascolari, tumorali, anossia cerebrale) o chirurgiche (es. ablazione del lobo temporale per curare l’epilessia, sezione del corpo calloso per circoscrivere le crisi epilettiche).

- Registrazione: su popolazioni neuronali tramite E.E.G. e P.E. (studi flusimetrici-metabolici).Per lo studio di differenze interemisferiche i metodi utilizzati sono:

- Split-funzionale: tecnica che permette di indirizzare gli stimoli in un solo emisfero grazie alla tecnica tachistoscopica (per lo studio del sistema visivo, uditivo, tattile). Viene utilizzata per lo studio dei pazienti detti split-brain (con sindrome da disconnessione interemisferica), con sezione chirurgica del corpo calloso a causa di epilessia non trattabile farmacologicamente.Per lo studio delle differenze funzionali i metodi utilizzati sono:

- Test di Wada (test dell’amital-sodico intracarotideo): si tratta di una temporanea inattivazione farmacologica di un singolo emisfero per mezzo dell’iniezione in una delle due carotidi di un farmaco ad azione anestetica. Questa procedura è impiegata per scopo diagnostico in pazienti che devono subire un intervento chirurgico al cervello.

- P.E.T.
(Tomografia ad emissione di positroni): serve per vedere le aree del cervello maggiormente attive durante determinate funzioni cognitive.
Dove c’è maggiore attività mentale c’è bisogno di maggiore ossigeno e glucosio; si mandano in circolo isotopi radioattivi che si legano al glucosio.I metodi empirici per comprendere l’attività cognitiva umana sono:

- Il metodo sottrattivo: la sua logica di base è che la durata di una fase di elaborazione può essere misurata mettendo a confronto il tempo che è necessario per risolvere una versione di un compito che contenga questa fase del processo di elaborazione con una seconda versione del compito che differisce dal primo solo perchè viene omessa questa fase di elaborazione. La differenza nel tempo necessario per risolvere le due versioni del compito rappresentano il tempo che è stato speso nello stadio di elaborazione preso in considerazione. In linea di principio attraverso cancellazioni successive dovrebbe essere possibile ottenere una stima della durata di ciascuno stadio di elaborazione.
Il metodo sottrattivo si basa sull’assunto che il processo di elaborazione delle informazioni sia discreto o seriale, quindi risulta utile con compiti relativamente semplici che implicano un’elaborazione seriale o discreta.
E’ dunque la sottrazione tra la registrazione dell’attività cerebrale dopo lo stimolo e l’attività di base.

- Introspezione: esame o osservazione dei propri processi mentali da parte di un individuo. Il grado di coinvolgimento dell’attenzione diventa di importanza cruciale: “Il nostro modello assume che solo le informazioni che sono oggetto di attenzione focalizzata possono venire verbalizzate. Poichè l’introspezione utilizza soprattutto le informazioni contenute nella MBT, tutte le limitazioni di questo sistema interferiscono direttamente con il processo d’introspezione.

Per concludere, vi sono varie limitazioni nell’uso dell’introspezione come metodo di ricerca per individuare i processi cognitivi, tuttavia, esso può comunque essere una tecnica valida ed estremamente utile in certe circostanze.
Diviene dunque più utile, a volte, lo studio di pazienti con prove più rigorose e standardizzate.