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Una breve storia della ricerca sui meccanismi del sonno
Pavlov nel 1915 descriveva il fenomeno del sonno come risultato di un condizionamento: uno stimolo condizionato, ripetuto monotonamente ad un cane, senza essere seguito da alcun rinforzo, produceva uno stato di sonno nell'animale. Pavlov interpretava questo fenomeno, ipotizzando un processo di inibizione interna che iniziava nell'area corticale specifica, per poi diffondersi a tutta la corteccia e successivamente alle strutture sottocorticali, fino al midollo.

Pochi anni dopo, Hess spostava il fuoco del problema dalla corteccia alla sottocorteccia, avendo indotto nel gatto sonno comportamentale, per stimolazione a bassa frequenza della massa intermedia del talamo. Ad ogni modo, sia le esperienze di Hess che quelle di Pavlov suggerivano una origine attiva del sonno.

Ben presto, però, l'interesse dei fisiologi del sonno fu spostato verso una nuova interpretazione del ruolo della sensorialità nella produzione del sonno. Nel 1929, infatti, Kleitman formulava una teoria secondo la quale il sonno sarebbe dovuto ad una riduzione, o abolizione, delle afferenze sensoriali periferiche che sono in grado di mantenere tonicamente lo stato di veglia.

Questa concezione del sonno come fenomeno passivo trovava, nel 1935, una conferma sperimentale, ad opera di Bremer.

Infatti, il preparato cerveau isolé -ottenuto con un taglio completo del tronco encefalico a livello della lamina quadrigemina, che interrompe tutte le vie sensoriali, tranne l'ottica e l'olfattiva- presentava un quadro EEG sincrono, con onde lente di voltaggio elevato, fusi, ed una attività vegetativa e somatica simile a quella dell'animale normale addormentato. La teoria della deafferentazione di Bremer era, dunque, una teoria del sonno come fenomeno passivo.

Non molto tempo dopo, però, la ricerca neurofisiologica sulle funzioni della formazione reticolare del tronco portava evidenze in favore di una teoria reticolare del sonno, a correzione della precedente teoria della deafferentazione. Le esperienze di Moruzzi e Magoun, infatti, eseguite su preparati encéphale isolé, dimostravano che la stimolazione elettrica ad alta frequenza della formazione reticolare del tronco era in grado di produrre un quadro elettroencefalografico di risveglio ed attivazione, caratterizzato da onde rapide di basso voltaggio. Alla luce di tali osservazioni, il sonno del cerveau isolé di Bremer poteva essere interpretato non tanto come dovuto alla deafferentazione sensoriale, quanto all'interruzione delle vie reticolo-corticali, responsabili del "tono" corticale dello stato di veglia.

La teoria reticolare, che sostituisce quella della deafferentazione, tende quindi a spostare il problema del sonno dalla passività corticale indotta da un ridotto afflusso sensoriale, ad una passività secondaria alla diminuzione del tono attivatorio reticolare.

Alla fine degli anni '50, poi, alcuni ricercatori dell'Istituto di Fisiologia di Pisa si posero il problema di una possibile differenziazione funzionale, nell'ambito delle strutture reticolari del tronco. Una serie di ricerche effettuate con sezioni a vari livelli del tronco, a tutto spessore o limitate ad un solo lato, dimostrarono che le strutture reticolari hanno diverse ed opposte funzioni: le strutture caudali bulbopontine possono indurre sincronizzazione EEG e sonno comportamentale, mentre quelle rostropontine e mesencefaliche sono responsabili dello stato di veglia. Le strutture reticolari caudali del tronco possono indurre sonno e sincronizzazione EEG attraverso vari meccanismi, che interessano il talamo (facilitazione delle strutture sincronizzanti) o direttamente la corteccia. A questa azione, va aggiunta l'influenza inibitoria che strutture ipnogene sincronizzanti possono esercitare su quelle desincronizzanti-risveglianti (nella fattispecie, sui neuroni reticolari mesencefalici).

I nuclei talamici che sembrano interessati al controllo della sincronizzazione EEG e del processo attivo del sonno sincrono sono i nuclei intralaminari e quelli della linea mediana. Anche altre strutture sottocorticali sono però coinvolte nello stesso processo; varie esperienze hanno infatti dimostrato che la stimolazione elettrica o chimica delle regioni basali preottiche in gatti liberi di muoversi, è in grado di indurre sonno elettrico e comportamentale. E' molto interessante notare che le stesse strutture assolvono contemporaneamente a funzioni termoregolatorie. I neuroni colinergici delle regioni ipotalamiche anteriori sembrerebbero essere strettamente coinvolti nel meccanismo di induzione e mantenimento del sonno sincrono ed in quello della termoregolazione. Essi, infatti, ricevono un input dai termocettori periferici, e sono influenzati da vari fattori umorali (ad esempio, dal fattore S) che inducono sonno sincrono.

Le aree ipotalamiche anteriori si inseriscono nei meccanismi della sincronizzazione EEG attraverso l'attivazione delle strutture sincronizzanti centrali del tronco; tale attivazione sembra essere mediata dalla corteccia cerebrale.

Le regioni basali preottiche partecipano alla sincronizzazione anche attraverso una inibizione delle strutture reticolari rostrali deputate alla veglia.

D'altra parte, l'effetto desincronizzante-risvegliante della stimolazione dell'ipotalamo posteriore è un vecchio dato della letteratura sperimentale.

L'ipotalamo posteriore, infatti, collegato anatomicamente e funzionalmente alla formazione reticolare mesencefalica, forma con quest'ultima un sistema unico attivo in veglia, anche se la reticolare mesencefalica può influenzare direttamente i neuroni corticali attraverso una via extra-talamica.

Chiare evidenze sperimentali, ottenute con metodi di lesione, stimolazione, farmacologici ed elettrofisiologici, suggeriscono pertanto che il sonno e la veglia sono fenomeni attivi, legati all'operazione di circuiti specializzati di tipo rispettivamente sincronizzante e desincronizzante.

I due sistemi -ipnogeno e risvegliante- controllano l'attività dei neuroni corticali, esercitando un reciproco controllo con relazioni a feedback, che coinvolgono meccanismi neurochimici, oltreché neurofisiologici, permettendo l'aggiustamento dell'attività di ciascun sistema ad un livello ottimale di funzionamento, e dunque determinando il ciclico alternarsi di sonno e veglia, ed il susseguirsi dei diversi stadi del sonno.