E’ lo
studio delle possibilità riorganizzative
del cervello leso; evidenze di neuroplasticità
post-lesionale sono state riportate sia nell’animale
che nell’uomo.
Più
complessa e meno studiata é la possibilità
che le capacità riorganizzative presenti
dopo lesioni cerebrali siano quidabili al
fine di ottimizzare il trattamento riabilitativo.
In un esperimento
di Nudo e Call (1996b) nel quale venivano
provocate lesioni controllate di zone della
corteccia motoria coinvolte nella motilità
fine della mano, si osservò che se
gli animali non lesionati venivano sottoposti
a trattamento riabilitativo, non si assisteva
ad alcun recupero della funzione danneggiata
né a riattivazione dei territori corticali
adiacentia quelli interatuati. Se invece gli
animali erano sottoposti a trattamento specifico
consistente nell’esecuzione di movimenti
delle dita rappresentate nell’area lesa,
si assisteva al recupero funzinale il cui
substrato nervoso sembra risiedere nei territori
nervosi adiacenti a quello danneggiato sperimentalmente.
Ancora più
recente é la dimostrazione diretta
nell’uomo che una determinata terapia
riabilitativa aiuta l’espansione della
rappresentazione nervosa dannaggiata da una
lesione vascolare. Va però sottolineato
che non sempre l’ampliamento delle superfici
rappresentazionali non é necessariamente
espressione di miglioramento funzionale.
L’esistenza
di fenomeni riorganizzativi a breve e a lungo
termine, riveste grande importanza per la
comprensione dei possibili meccanismi neuroplastici.
L’analisi al livello dei circuiti suggerisce
che, mentre il cambiamento a lungo termine
può basarsi sulla formazione di nuove
connessioni, i mutamenti osservati entro pochi
minuti da una manipolazione sperimentale si
spiegano solo con un smascheramento di connessioni
preesistenti tra punti diversi del sistema
nervoso.
Una recente
tassonomia a livello dei sistemi prevede l’esistenza
di quattro principali forme di neuroplasticità
:
- l’espansione
delle mappe rappresentazionali;
- la riassegnazione
cross-mediale per effetto della quale, ad
esempio, individui cechi dalla nascita mostrano
attività nella corteccia visiva durante
il compito di lettura richiesto dal Braille;
- adattamento
di aree omologhe a quelle lese, che consente,
anche se solo in alcune circostanze, di ricaricare
la funzione danneggiata;
- compenso
mascherato, prevede che un sistema cognitivo
intatto prenda in carico le funzioni di un
sistema leso riducendo la gravità di
un dato deficit.
Lo scopo della
riabilitazione non é di modificare
la prestazione ai test neuropsicologici, ma
piuttosto di migliorare l’adattamento
funzionale del paziente e il suo benessere
soggettivo. I dati neuropsichiatrici aiutano
nel determinare le risorse cognitive disponibili
risparmiate dalla lesione cerebrale. L’acquisizione
dei dati neuropsicologici rende possibili
delle interferenze riguardo alle funzioni
cognitive (compromesse e risparmiate) che
sono direttamente o indirettamente necessarie
per un adattamento all’ambiente, o che
influenzano un’intenzione. In secondo
luogo i dati neuropsicologici sono utili per
determinare l’abilità del paziente
di apprendere e generalizzare nuove strategie
per risolvere i problemi quotidiani del mondo
reale. In questo contesto lo scopo della riabilitazione
é di modificare le strategie e i compensi
di cui il paziente dispone per un adattamento
funzionale nonostante il danno subito.
- E’
inoltre indispensabile tenere in considerazione
le differenze individuali. Nella pratica clinica,
lo studio delle delle differenze individuali
spesso contraddice le previsioni formulate
per mezzo di gruppi di studio e di analisi
statistiche. Le differenze individuali nell’uso
di strategie e nella risposta emotiva, nell’organizzazione
e nella localizzazione delle funzioni, nelle
risorse biologiche e psicologiche premorbose,
nella reattività fisiologica ai farmaci
o nel supporto familiare, per citare alcuni
fattori, possono influenzare in modo significativo
il recupero.
Alcuni pazienti
elaborano spontaneamente delle strategie compensatorie,
mentre altri mostrano un rifiuto totale.
Il neuropsicologo
dovrà quindi studiare con molta attenzione
queste differenze individuali potenzialmente
molto importanti, utlizzandole nell’interpretazione
dei dati neuropsicologici e insieme nell’interpretazione
degli interventi riabilitativi.
- Nell’ambito
della riabilitazione inoltre il funzionamento
cognitivo é influenzato da fattori
interpersonali; gli interventi riabilitativi
dovrebbero cercare di ottimizzare i potenziali
benefici di questa interazione. Paziente e
terapista dovrebbero essere uniti da obiettivi
riabilitativi comuni, che vengono stabiliti
e controllati dal paziente insieme al terapista.
- Il danno
cerebrale, spesso produce anche una significativa
ansia esistenziale nel paziente e nei suoi
familari. Il recupero di un significato e
di un senso del sé avviene attraverso
lo sviluppo di un’identità che
spesso é, perlomeno temporaneamente,
frammentata dalla lesione cerebrale. La comparsa
improvvisa di disturbi cognitivi, di una trasformazione
della personalità (es. nel trauma cranico),
di una perdita di interesse per le attività
produttive e di svago, nonché dell’effetto
di rinforzo che esse hanno, rappresenta una
minaccia per l’identità e costringe
l’individuo con un sistema cognitivo
alterato allo sviluppo e all’accettazione
di nuove priorità.
Le aspettative
non devono essere irrealistiche, altrimenti
possono portare a stress psicologico.
- E’
dunque necessario considerare anche le conseguenze
psicosociali, risultato di numerose variabili,
in primo luogo la gravità della lesione
e i disturbi cognitivi, metacognitivi (funzioni
esecutive: volontà, pianificazione,
produzione di strategie, di soluzioni di problemi),
neurocomportamentali, nonché le relazioni
emotive che accompagnano la lesione. Diversi
fattori individuali modulano l’adattamento
psicosociale. Per esempio, il tipo di controllo
(interno o esterno), le reazioni emotive alla
disabilità e all’adattamento psicosociale.
In ambito clinico é prioritario per
il neuropsicologo studiare attentamente le
differenze individuali di origine fisiopatologica,
psicologica e ambientale che possono incidere
positivamente o negativamente sull’out
come psicosociale a lungo termine.
Questa analisi
individuale fornisce un quadro di riferimento
per il trattamento neuropsicologicoe la riabilitazione.
Quanto puù il paziente é cognitivamente
flessibile, tanto migliore é la prognosi,
presumibilmente perché egli é
in grado di compensare i deficit apprendendo
nuove strategie alternative. E’ dunque
necessario un approccio globale ed individualizzato
per non frammentare gli aspetti dinamici ed
interattivi della persona. La nostra sfida
e il nostro privilegio é tentare di
scoprire ogni individuo a livello cognitivo,
neurocomportamentale, emotivo e interpersonale,
con la speranza di migliorare il significato
e la qualità della sua vita.
- Quando
iniziare? Ogni riabilitatore sa che intervenire
in una fase molto precoce del recupero post-lesionale,
oltre a non consentire di distinguere quale
sia il recupero spontaneo da quello favorito
dalla riabilitazione, appare inopportuno in
quanto il paziente presenta un quadro clinico
in cui coeseistono sintomi mlultipliinterdipendenti
tra loro in rapida evoluzione, che non consentano,
quindi, di costruire un progetto riabilitativo
effettivo. Solo in una fase successiva é
possibile avviare un progetto riabilitativo
che tenga conto dei disturbi e preveda l’applicazione
di metodologie (cognitive, comportamentistiche,
di compenso, ecc...) che tengano conto, soprattutto
delle capacità residue del paziente
e dei problemi che maggiormente condizionano
la sua autonomia nella vita di tutti i giorni.
Indispensabile
per una riabilitazione efficace é la
motivazione del soggetto, specie nel campo
dell’autonomia quotidiana e del lavoro.
Centro di
Psicologia e Neuropsicologia
Via Borgone, 57 - 10139 Torino
Tel. 011-19592711 Fax 011-19790175
e-mail:
_CLOAKING
';
document.write( '' );
document.write( addy_text2716 );
document.write( '<\/a>' );
//-->\n _CLOAKING
|